Intervista a Sean Degan Wood

Il futuro del giornalismo costruttivo

E’ reduce da un grande successo con Positive News, il giornale che ormai dirige da anni, che ha appena ottenuto oltre 250.000 sterline di finanziamento grazie a una campagna di crowfunding. Lui è Sean Degan Wood e nonostante la sua giovane età, oltre a dirigere un giornale in pieno cambiamento (il finanziamento servirà per rinnovare la testata web e quella cartacea), è anche un pioniere del giornalismo costruttivo, nonché cofondatore del Constructive Journalism Project con la collega Danielle Batist. Da sempre promotore di cambiamenti sociali, storie ispiranti, Sean Wood ha deciso che era tempo di andare oltre: non solo mostrare l’altro lato del mondo e delle storie che ne fanno parte, ma contribuire a dare una nuova linfa al giornalismo. E questa linfa si chiama giornalismo costruttivo che Sean vuole “insegnare, diffondere e studiare a fondo”.

Perché hai deciso di creare il Constructive Journalism Project?

Positive news è nato 20 anni fa: da sempre ha cercato di raccontare riportare quelli che sono stati i grandi cambiamenti positivi nel mondo, ha messo in luce i problemi sociali cercando di ricercare soluzioni, ha raccontato di storie ispiranti. Sapevo delle sue potenzialità, quando sono arrivato sei anni fa. Poi però ho notato che le cose stavano cambiando: i media si trasformavano velocemente, i social facevano viaggiare le notizie più rapidamente e si stava diffondendo sempre di più la necessità di trovare nuove chiavi all’informazione, che non fosse solo basata su allarmismi e paure.

Da qui l’idea di un giornalismo costruttivo, che include, oltre alla problematica anche l’idea di proporre soluzioni o chiavi diversi di lettura…

La grande quantità di  informazioni negative hanno generato sempre di più il bisogno di allearsi in una prospettiva positiva e i media che sono nati nel mondo fondati sul giornalismo delle soluzioni, sulle notizie positive ne sono la dimostrazione. Ma le storie che ispirano, quelle che generano azione dovrebbero essere raccontate da tutti i media: questo non significa smettere di raccontare le tragedie che accadono o i problemi dei quali la società è afflitta, ma aggiungere l’altro lato della storia: cosa si può fare per risolvere il problema, in che modo virtuoso lo stanno affrontando. Dare informazioni che siano ispiranti, propositive, che generino un atteggiamento attivo.

Come ti sei avvicinato al giornalismo costruttivo?

Ho iniziato a studiare le aree relative al giornalismo della psicologia positiva e ho realizzato che oltre a Positive news, dove stavo già mettendo in pratica questi aspetti, era necessario approfondire le tecniche e il metodo che potessero aiutare le persone che vogliono approcciarsi al giornalismo costruttivo. Così abbiamo dato vita al progetto che offre corsi di formazione a studenti, a giornalisti.

Dai tuoi studi e dalla tua esperienza, mi confermi che il giornalismo costruttivo ha un impatto maggiore sul pubblico?

Si, diversi studi lo dimostrano. Le persone si sentono più coinvolte, hanno la volontà di agire e sono più consapevoli e responsabili rispetto alle informazioni che ricevono. Si sentono parte attiva delle questioni, diffondono la tematica e ne fatto oggetto di conversazione. Sanno che qualcosa può essere fatto per contrastare un eventuale problema e quindi agiscono. Anche sui social media le “positive stories” generano traffico: se ci sono tematiche drammatiche è ovvio che si diffondano, ma in genere sono le storie costruttive ad avere un impatto migliore, socialmente rilevante, perché danno potere alle persone, le rendono più consapevoli e nello stesso generano energie e voglia di fare.

Resta ancora molto forte l’idea che le notizie negative siano le uniche a vendere, eppure molti giornali hanno creato sezioni specifiche dedicate a ciò che funziona… il futuro come sarà?

Una delle ragioni per le quali abbiamo creato CGP è per mostrare anche come questo approccio si sia già diffuso in molti media. Ma anche per mostrare che l’approccio costruttivo non centra nulla le “buone notizie” leggere o storielle stupide. La ragione per cui le cattive notizie vendono è che le persone hanno paura e quindi reagiscono in modo automatico ai segnali di pericolo, hanno l’istinto di proteggersi: è una fattore biologico di autodifesa. Il punto è che ci sono altri metodi che possono attirare l’attenzione senza creare questa paura recondita: innescare un’ispirazione, che non sia solo di gioia o allegria, ma che porti la persona a capire cosa succede e a vedere come può agire. E per questo il giornalismo costruttivo dà informazioni più accurate, approfondite e ricerca soluzioni.

Quali consigli daresti a un giornalista che si vuole approcciare al metodo costruttivo?

Prima di tutto credere in quello che si sta facendo, cioè i giornalisti, e capire l’importanza dell’impatto che si ha. C’è bisogno di nuove storie costruttive, di nuove visioni costruttive. E’ essenziale sfruttare questo momento dove i media stanno cambiando. La sfida è questa: entrare a far parte del cambiamento. Bisogna sempre poi ricordare che il giornalismo costruttivo è un giornalismo di qualità, basato su storie convincenti, che vanno approfondite, che implica una ricerca costante. Chi segue questa direzione impari anche a fare  network e porti questo metodo all’interno anche dei classici media mostrando come queste storie sono efficaci.

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